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Intervista al fondatore di Formula Medicine, equipe che svolge un ruolo centrale non solo per i piloti, ma anche per tutti gli abitanti di quel piccolo villaggio itinerante che è il paddock della F1



Come si legge sul suo sito ufficiale, Formula Medicine è un'equipe che si occupa da più di 25 anni dell'assistenza medica e atletica di team e piloti negli sport motoristici. Lo staff è composto da medici, psicologi, preparatori atletici, fisioterapisti, osteopati e nutrizionisti ed è diretto dal Dott. Riccardo Ceccarelli.

Una descrizione che descrive bene il grande universo di specialisti riuniti dentro a Formula Medicine, ma che da sola non spiega il ruolo centrale giocato da queste persone nel corso di una stagione di F1 (e non solo). Per questo, abbiamo chiesto al dottor Ceccarelli di spiegarci meglio in cosa consiste il lavoro della sua squadra:

"Abbiamo diversi tipi di attività. Quello che potete vedere durante i weekend di gara è prettamente un'assistenza medica. In pratica, è come se fossimo i medici di famiglia del paddock. Seguiamo 9 team più l'equipe di Pirelli, Philip Morris, Sky ecc. Quando si è in giro per il mondo non è facile, in caso di bisogno, trovare un medico di cui ci si fidi. Si rischia di perdere molto tempo, di dover superare barriere linguistiche e situazioni a volte complicate da gestire. Quindi è nata questa esigenza che noi, negli anni, siamo riusciti a colmare. Dal semplice mal di testa a patologie più importanti o a piccoli traumi, siamo pronti a dare un supporto medico.

Spesso le persone che lavorano in F1 hanno più confidenza con noi che con il loro medico di famiglia. In totale ci prendiamo cura di circa 1300 persone, come il medico della mutua. Il nostro compito è quello di risolvere i problemi alla svelta. Quando si è qui non si ha tempo per passare alcuni giorni di degenza in hotel o aspettare di rientrare a casa per eseguire gli esami necessari. Da quest'anno abbiamo un laboratorio di analisi viaggiante dove possiamo fare le ecografie cardiache, internistiche o muscolari e gli esami del sangue".


Una novità, quest'ultima, resa possibile dall'aiuto ricevuto dal resto del paddock: "Fino a poco tempo fa sembra qualcosa di impossibile anche perché trasportare i macchinari e i vari reagenti non è affatto semplice, basti pensare che gli stessi devono essere mantenuti a temperature comprese tra i 4° e gli 8° C. Invece abbiamo visto che ci sono venuti incontro tutti. Chi ci aiuta a trasportare le attrezzature, chi ci concede uno spazio e questo ci ha fatto capire quanto la nostra presenza sia percepita come un benefit. Questo, al netto del fatto che si tratta di un lavoro, dà grande soddisfazione".

Il lavoro di assistenza non si limita ai giorni canonici del weekend: "Per coprire questo servizio che comincia al lunedì mattina e termina la domenica sera, quando i team hanno impacchettato tutto, generalmente siamo tre o quattro medici – ha dichiarato Ceccarelli a FormulaPassion.it – È un'organizzazione abbastanza importante, anche perché ci servono sia spazi per i materiali sia spazi neutrali per i nostri pazienti. Per fortuna abbiamo siglato un accordo con DHL e abbiamo modo, all'interno delle loro strutture, di tenere le nostre attrezzature. Dal GP di Francia dovrebbe debuttare un nuovo motorhome che ci garantirà spazi maggiori".

Una parte importante del lavoro di Formula Medicine riguarda ovviamente la preparazione e l'assistenza dei piloti, non solo di F1: "Abbiamo svariate attività focalizzate sul pilota, come quelle del fisioterapista e del preparatore atletico. I nostri fisioterapisti si occupano di svariate categorie, dalla Formula E con BMW alle Le Mans Series con Cetilar fino al DTM con Aston Martin e BMW. È una struttura abbastanza diversificata che conta oltre 40 persone viaggianti tra medici, fisioterapisti e preparatori e 12 stabili che lavorano nella clinica di Formula Medicine dove ci occupiamo di visite mediche e preparazione atletica e mentale. Siamo molto diversificati per garantire un servizio a 360°".

Formula Medicine si occupa anche di sicurezza, in particolare durante i test: "Dal 2006 siamo i responsabili, su incarico di tutti i team di F1, della supervisione e controllo degli standard di sicurezza durante i test. I circuiti ricevono con mesi di anticipo gli standard che richiediamo: quanti marshall, quante medical car, quante ambulanze, gli equipaggiamenti, il numero di medici richiesti al centro medico e così via. Quello che fa la FIA alle gare proviamo a farlo noi durante i test. Come sapete i test nascono dal rapporto contrattuale privato tra i team che noleggiano la pista e la società che gestisce il tracciato. La Federazione deve solo omologare il circuito e occuparsi di alcuni aspetti, ma non va poi a sindacare su questi aspetti. Pertanto, il nostro compito è quello di valutare che i sistemi di sicurezza corrispondano a quanto da noi indicato. Ad esempio, facciamo delle simulazioni di intervento: entriamo in pista con una macchina e poi ci fermiamo in un determinato punto del tracciato e cronometriamo quanto tempo ci vuole ai soccorsi per arrivare. In questo modo capiamo quali sono le aree sulle quali dobbiamo prestare particolare attenzione e quindi dobbiamo essere i garanti del rispetto delle norme di sicurezza.




Nel 2005, anno in cui lavoravo in Toyota con Trulli, venni coinvolto dallo stesso Jarno e dagli allora presidenti della GPDA, Coulthard e Schumacher, circa le loro preoccupazioni rispetto al fatto che durante i test non fossero rispettati alti standard di sicurezza. Mi venne chiesto di verificare e mi accorsi che era vero, i livelli di sicurezza erano bassi. Alla fine, quando provi in pista tu paghi un affitto e la pista prova a offrirti il minimo indispensabile. Il circuito meno spende e più guadagna. Pertanto, laddove alcuni circuiti erano professionali, altri lo erano meno. Me ne accorsi e cominciai a parlarne con Jarno, David e Michael, trovammo tanti problemi e durante l'anno cominciammo a fare molte riunioni. A fine anno facemmo una riunione con tutti i team manager che mi proposero di organizzare una squadra che si prendesse cura di valutare gli standard di sicurezza. Non può essere il team principal a valutare se ci sono abbastanza drenaggi toracici, se l'adrenalina è scaduta o se il numero di vetture di sicurezza è adeguato. Iniziammo questo esperimento e si rivelò molto positivo, tanto che ancora oggi siamo incaricati di valutare gli standard di sicurezza durante i test. Abbiamo supervisionato oltre 110 test e continuiamo a farlo in giro per il mondo

Dopo tanti anni il rapporto con gli staff dei circuiti è molto buono. A Barcellona siamo di casa, abbiamo lavorato moltissimo con loro. Sanno quello che richiediamo ed è veramente facile comunicare. In altri circuiti non è così semplice, principalmente perché all'inizio c'è sempre un po' di diffidenza e veniamo percepiti come dei rompiscatole che non si fidano del loro operato. È un po' come se fossimo gli occhi dei team per vedere se quello che hanno comprato ci sia davvero. Quindi dobbiamo essere molto partecipi, visitare la direzione gara, valutare, in caso di incidente se i tempi di intervento sono rispettati, se le comunicazioni sono efficaci. Ad esempio, succede che durante i test si usi un solo canale radio. Noi ne richiediamo sempre, almeno, due: uno ad uso esclusivo dei medici. Questo per evitare che le comunicazioni dei marshall occupino la linea in caso di emergenze mediche".



Infine, il dottor Ceccarelli ci racconta come è nata questa sua avventura: "Tutto ha origine da un fallimento, un clamoroso fallimento: ho provato a fare il pilota e non ci sono riuscito. Ufficialmente dico perché non avevo i soldi e non avevo i mezzi, ma forse non c'erano nemmeno il piede destro o la testa. Mi sono trovato coinvolto in questo ambiente dei motori che avevo frequentato da pseudo-pilota avendo conosciuto, tra gli altri, Ivan Capelli di cui divenni grande amico. Ivan continuò a correre e prima lo seguii alla gare come amico poi, una volta che mi laureai e lui fu in F1, mi chiese se andavo ad assisterlo alle gare. È nata così. Pensavo di togliermi uno sfizio, di stare in questo ambiente che mi affascinava per un anno o due. Sono passati 31 anni e sono ancora qua. All'inizio era inebriante. Poi, come in tutte le cose, servono le capacità e la fortuna di essere al posto giusto al momento giusto e così anno dopo anno questa esperienza è diventata la mia professione principale. Se devo fare un bilancio, è molto positivo, ho passato la mia vita lavorativa nell'ambiente che sognavo da ragazzino, guardando le gare in TV, leggendo Autosprint e sperando, un giorno, di essere un pilota".


fonte: formulapassion.it