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02.09.1963 -> 02.09.2013 Happy Birthday, Mclaren!


"La vita si misura in successi, non nei soli anni che passano". Parole di un pioniere, visionario pilota di F1 degli anni '50-'60. Quel pilota era il leggendario Bruce McLaren.
[...]
Le parole del suo fondatore Bruce, riportate poco sopra, fanno eco ai fatti ed agli avvenimenti susseguitisi nel corso degli anni. La McLaren è infatti una delle due scuderie più longeve e vittoriose della storia del Circus Iridato. Bruce non mentiva e chi ne è stato successore ha saputo portare avanti il credo di quell'australiano che mostrava grande competenza, sia al volante che nella gestione del proprio team.
[...]
Il presidente del team inglese, Ron Dennis, si è così espresso: "La storia della McLaren è lunga e complessa, ma l'eredità è più difficile da definire, e questo perché è ancora vividamente scritta ogni giorno da uomini e donne che lavorano al McLaren Technology Centre".

"Bruce McLaren ha scritto l'inizio della storia e la leggenda è destinata a continuare per molti anni a venire" ha proseguito l'ex Team Principal McLaren "Sono solo un capitolo, non il libro, e voglio che col passare del tempo, altre persone è naturale che entrino a scrivere un capitolo a parte. Questo è un libro che è ancora in fase di scrittura, e che, forse, è la più grande eredità della McLaren".

Se la vita si misura realmente in successi e non nei soli anni che passano, Bruce McLaren deve essersi fregato le mani per decenni. Vittorie, Pole position, giri veloci e, soprattutto, titoli Mondiali stanno a testimoniare che a Woking hanno davvero appreso il concetto e, cosa più importante, applicato maniacalmente alla lettera.

Fonte: blogf1.it


Al di là dei numeri, che pure non hanno rivali in questi 50 anni da quando esiste la McLaren, la scuderia di Woking ha avuto l'indiscusso onore di aver ridefinito il concetto di professionalità in F.1, introducendo quella ricerca maniacale del vantaggio prestazionale nei dettagli più impensabili che è oggi l'anima stessa della categoria.

Come si dice...Altri mille di questi giorni!  :-)

Buon Compleanno McLaren


2 settembre 2013

Mezzo secolo di vita per uno dei team più prestigiosi della F1, secondo solo alla Ferrari come popolarità. Il team McLaren è nato esattamente 50 anni fa, quando Bruce McLaren costituiva la Racing Limited il 2 settembre 1963. Da un piccolo laboratorio a New Malden, nel Surrey, la squadra ora agisce nel suo centro di tecnologia avanzata a Woking, e si pone come uno dei nomi di maggior successo nella storia della Formula 1.

Dopo aver esordito in F1 nel Gran Premio di Monaco del 1966, il fondatore Bruce McLaren, che diede al team il suo nome, ottenne la sua prima vittoria sul circuito di Spa-Francorchamps, due anni più tardi. Finora la squadra inglese ha vinto dodici Titoli Piloti e otto Costruttori,  mentre il conteggio complessivo delle vittorie è attualmente pari a 182 su 734 gare. I suoi vari piloti hanno anche assicurato alla scuderia 55 pole position e 152 giri più veloci.

"La McLaren ha iniziato come il sogno di un uomo, e da allora è cresciuta fino a comprendere le speranze ed i sogni di più di 2000 uomini e donne, che lavorano instancabilmente come Bruce McLaren fece per permettere oggi a noi di continuare quanto da lui realizzato", ha commentato il presidente di tutto il gruppo McLaren Ron Dennis. "Così, il nostro 50° anniversario offre l'opportunità per ogni singolo dipendente della McLaren di rendersi conto che lui o lei è una parte assolutamente fondamentale di un'organizzazione con una storia e una cultura che significa veramente qualcosa".

"Non ho mai nascosto il mio orgoglio di essere un pilota della McLaren", ha aggiunto Jenson Button, che si è unito al team nel 2010. "Sono cresciuto guardando questa squadra ottenere grandi successi con Ayrton Senna e il mio eroe da corsa, Alain Prost. Credo fermamente che questo team sarà di nuovo grande, questa è una organizzazione dove il loro appetito per vincere è diverso da qualsiasi altra cosa che io abbia mai visto e, tranquilli, sarà di nuovo davanti al più presto".

Fonte: GpUpdate.net


  :-appl
Ho iniziato tifando un pilota, ora tifo una squadra.

#3
Riflessione personale.


Immaginatevi per un momento che oggi laggiù ci fossero stati davvero tutti. Ron Dennis e Martin Whitmarsh vestiti tutti elegantissimi, davanti all'ingresso del Paragon mentre accolgono all'interno Bruce McLaren, un arzillo vecchietto di 76 anni con i capelli bianchi e i denti ingialliti che spinge la carrozzina su cui siede un irriconoscibile Denny Hulme, ultranovantenne, gonfio e affetto da una lieve demenza senile. Poi eccoli arrivare Emerson Fittpaldi e John Watson seguiti da Ayrton Senna e Alain Prost che scherzano davanti ai giornalisti dandosi dei buffetti, come se Suzuka '89 fosse stata solo una gara di F1 e non un dramma in mondovisione. Poi ecco arrivare Mika Hakkinen che parlotta con James Hunt, con il suo immancabile sigaro in bocca, mentre più in là c'è Niki Lauda impegnato in una discussione con Peter Revson.

Magari. E invece è andata che Bruce di tutti questi successi si è perso tutto, e Ayrton Senna non c'è più da tanti anni. Per non parlare di Hulme e tutti gli altri piloti McLaren che non sono più qui su questa Terra. Però, pensate che se fossero in vita ci sarebbe stato tutto il resto? Pensate che Bruce McLaren avrebbe consentito a cedere il proprio team a un imprenditore inglese sconosciuto? Di sicuro senza di lui la Marlboro non sarebbe mai rimasta. Niente Marlboro, niente Barnard e niente Lauda. Niente Lauda, niente Prost. E niente Senna che sarebbe finito chissà dove. Niente Suzuka '89, niente vendetta l'anno dopo, niente giro epico sotto la pioggia a Donington. E forse la McLaren sarebbe già sparita prima, molto prima dell'arrivo di Hakkinen con l'elegante livrea West sulla tuta. Quindi neanche Paragon.

Invece il Paragon c'è e alle spalle dei pochi rimasti, ci sono loro. Le macchine, i trofei. Una galleria di trofei. Tutti lì insieme, perché così vuole la filosofia McLaren. E allora capisci che la storia, tutto sommato non è andata poi così male. E che il bello della McLaren, a differenza di tante altre squadre, non è stata quella di appartenere a qualcuno, come la Ferrari di Enzo, la Williams di Frank, la Lotus di Chapman o la Tyrrell di Ken.

La McLaren è ed è stata la squadra di nessuno e di tutti. Dei migliori. Lo dicono i trofei, gli "achievements" quelli che secondo Bruce servono a misurare la vita di tutti noi.
"I went completely on the inside and overtook the backmarker and at same time overtook the Michael. It was a great overtaking manoeuvre, and I loved it. I'm not sure if the Michael did." M.H.

Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:28:10
Riflessione personale.


Immaginatevi per un momento che oggi laggiù ci fossero stati davvero tutti. Ron Dennis e Martin Whitmarsh vestiti tutti elegantissimi, davanti all'ingresso del Paragon mentre accolgono all'interno Bruce McLaren, un arzillo vecchietto di 76 anni con i capelli bianchi e i denti ingialliti che spinge la carrozzina su cui siede un irriconoscibile Denny Hulme, ultranovantenne, gonfio e affetto da una lieve demenza senile. Poi eccoli arrivare Emerson Fittpaldi e John Watson seguiti da Ayrton Senna e Alain Prost che scherzano davanti ai giornalisti dandosi dei buffetti, come se Suzuka '89 fosse stata solo una gara di F1 e non un dramma in mondovisione. Poi ecco arrivare Mika Hakkinen che parlotta con James Hunt, con il suo immancabile sigaro in bocca, mentre più in là c'è Niki Lauda impegnato in una discussione con Peter Revson.

Magari. E invece è andata che Bruce di tutti questi successi si è perso tutto, e Ayrton Senna non c'è più da tanti anni. Per non parlare di Hulme e tutti gli altri piloti McLaren che non sono più qui su questa Terra. Però, pensate che se fossero in vita ci sarebbe stato tutto il resto? Pensate che Bruce McLaren avrebbe consentito a cedere il proprio team a un imprenditore inglese sconosciuto? Di sicuro senza di lui la Marlboro non sarebbe mai rimasta. Niente Marlboro, niente Barnard e niente Lauda. Niente Lauda, niente Prost. E niente Senna che sarebbe finito chissà dove. Niente Suzuka '89, niente vendetta l'anno dopo, niente giro epico sotto la pioggia a Donington. E forse la McLaren sarebbe già sparita prima, molto prima dell'arrivo di Hakkinen con l'elegante livrea West sulla tuta. Quindi neanche Paragon.

Invece il Paragon c'è e alle spalle dei pochi rimasti, ci sono loro. Le macchine, i trofei. Una galleria di trofei. Tutti lì insieme, perché così vuole la filosofia McLaren. E allora capisci che la storia, tutto sommato non è andata poi così male. E che il bello della McLaren, a differenza di tante altre squadre, non è stata quella di appartenere a qualcuno, come la Ferrari di Enzo, la Williams di Frank, la Lotus di Chapman o la Tyrrell di Ken.

La McLaren è ed è stata la squadra di nessuno e di tutti. Dei migliori. Lo dicono i trofei, gli "achievements" quelli che secondo Bruce servono a misurare la vita di tutti noi.

Questa me la stampo.
Se mi dai il permesso la traduco e la mandiamo.

:-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl
"The Company was unfit and I said to them that if they match my commitment we will win. If they don't match that they won't be with the company."
RON E' IL MIO PRESIDENTE. IL RESTO SONO AFFARISTI.

Citazione di: Mika85 il 02 Settembre 2013, 21:41:21
Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:28:10
Riflessione personale.


Immaginatevi per un momento che oggi laggiù ci fossero stati davvero tutti. Ron Dennis e Martin Whitmarsh vestiti tutti elegantissimi, davanti all'ingresso del Paragon mentre accolgono all'interno Bruce McLaren, un arzillo vecchietto di 76 anni con i capelli bianchi e i denti ingialliti che spinge la carrozzina su cui siede un irriconoscibile Denny Hulme, ultranovantenne, gonfio e affetto da una lieve demenza senile. Poi eccoli arrivare Emerson Fittpaldi e John Watson seguiti da Ayrton Senna e Alain Prost che scherzano davanti ai giornalisti dandosi dei buffetti, come se Suzuka '89 fosse stata solo una gara di F1 e non un dramma in mondovisione. Poi ecco arrivare Mika Hakkinen che parlotta con James Hunt, con il suo immancabile sigaro in bocca, mentre più in là c'è Niki Lauda impegnato in una discussione con Peter Revson.

Magari. E invece è andata che Bruce di tutti questi successi si è perso tutto, e Ayrton Senna non c'è più da tanti anni. Per non parlare di Hulme e tutti gli altri piloti McLaren che non sono più qui su questa Terra. Però, pensate che se fossero in vita ci sarebbe stato tutto il resto? Pensate che Bruce McLaren avrebbe consentito a cedere il proprio team a un imprenditore inglese sconosciuto? Di sicuro senza di lui la Marlboro non sarebbe mai rimasta. Niente Marlboro, niente Barnard e niente Lauda. Niente Lauda, niente Prost. E niente Senna che sarebbe finito chissà dove. Niente Suzuka '89, niente vendetta l'anno dopo, niente giro epico sotto la pioggia a Donington. E forse la McLaren sarebbe già sparita prima, molto prima dell'arrivo di Hakkinen con l'elegante livrea West sulla tuta. Quindi neanche Paragon.

Invece il Paragon c'è e alle spalle dei pochi rimasti, ci sono loro. Le macchine, i trofei. Una galleria di trofei. Tutti lì insieme, perché così vuole la filosofia McLaren. E allora capisci che la storia, tutto sommato non è andata poi così male. E che il bello della McLaren, a differenza di tante altre squadre, non è stata quella di appartenere a qualcuno, come la Ferrari di Enzo, la Williams di Frank, la Lotus di Chapman o la Tyrrell di Ken.

La McLaren è ed è stata la squadra di nessuno e di tutti. Dei migliori. Lo dicono i trofei, gli "achievements" quelli che secondo Bruce servono a misurare la vita di tutti noi.

Questa me la stampo.
Se mi dai il permesso la traduco e la mandiamo.

:-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl

Quasi finita di tradurre.  :-)
"I went completely on the inside and overtook the backmarker and at same time overtook the Michael. It was a great overtaking manoeuvre, and I loved it. I'm not sure if the Michael did." M.H.


Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:58:58
Citazione di: Mika85 il 02 Settembre 2013, 21:41:21
Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:28:10
Riflessione personale.


Immaginatevi per un momento che oggi laggiù ci fossero stati davvero tutti. Ron Dennis e Martin Whitmarsh vestiti tutti elegantissimi, davanti all'ingresso del Paragon mentre accolgono all'interno Bruce McLaren, un arzillo vecchietto di 76 anni con i capelli bianchi e i denti ingialliti che spinge la carrozzina su cui siede un irriconoscibile Denny Hulme, ultranovantenne, gonfio e affetto da una lieve demenza senile. Poi eccoli arrivare Emerson Fittpaldi e John Watson seguiti da Ayrton Senna e Alain Prost che scherzano davanti ai giornalisti dandosi dei buffetti, come se Suzuka '89 fosse stata solo una gara di F1 e non un dramma in mondovisione. Poi ecco arrivare Mika Hakkinen che parlotta con James Hunt, con il suo immancabile sigaro in bocca, mentre più in là c'è Niki Lauda impegnato in una discussione con Peter Revson.

Magari. E invece è andata che Bruce di tutti questi successi si è perso tutto, e Ayrton Senna non c'è più da tanti anni. Per non parlare di Hulme e tutti gli altri piloti McLaren che non sono più qui su questa Terra. Però, pensate che se fossero in vita ci sarebbe stato tutto il resto? Pensate che Bruce McLaren avrebbe consentito a cedere il proprio team a un imprenditore inglese sconosciuto? Di sicuro senza di lui la Marlboro non sarebbe mai rimasta. Niente Marlboro, niente Barnard e niente Lauda. Niente Lauda, niente Prost. E niente Senna che sarebbe finito chissà dove. Niente Suzuka '89, niente vendetta l'anno dopo, niente giro epico sotto la pioggia a Donington. E forse la McLaren sarebbe già sparita prima, molto prima dell'arrivo di Hakkinen con l'elegante livrea West sulla tuta. Quindi neanche Paragon.

Invece il Paragon c'è e alle spalle dei pochi rimasti, ci sono loro. Le macchine, i trofei. Una galleria di trofei. Tutti lì insieme, perché così vuole la filosofia McLaren. E allora capisci che la storia, tutto sommato non è andata poi così male. E che il bello della McLaren, a differenza di tante altre squadre, non è stata quella di appartenere a qualcuno, come la Ferrari di Enzo, la Williams di Frank, la Lotus di Chapman o la Tyrrell di Ken.

La McLaren è ed è stata la squadra di nessuno e di tutti. Dei migliori. Lo dicono i trofei, gli "achievements" quelli che secondo Bruce servono a misurare la vita di tutti noi.

Questa me la stampo.
Se mi dai il permesso la traduco e la mandiamo.

:-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl

Quasi finita di tradurre.  :-)

Ok mi raccomando, rendila bene. Non deve perdersi neanche mezzo goccio del senso.
Parli tu col Boss?
"The Company was unfit and I said to them that if they match my commitment we will win. If they don't match that they won't be with the company."
RON E' IL MIO PRESIDENTE. IL RESTO SONO AFFARISTI.

Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:58:58
Citazione di: Mika85 il 02 Settembre 2013, 21:41:21
Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:28:10
Riflessione personale.


Immaginatevi per un momento che oggi laggiù ci fossero stati davvero tutti. Ron Dennis e Martin Whitmarsh vestiti tutti elegantissimi, davanti all'ingresso del Paragon mentre accolgono all'interno Bruce McLaren, un arzillo vecchietto di 76 anni con i capelli bianchi e i denti ingialliti che spinge la carrozzina su cui siede un irriconoscibile Denny Hulme, ultranovantenne, gonfio e affetto da una lieve demenza senile. Poi eccoli arrivare Emerson Fittpaldi e John Watson seguiti da Ayrton Senna e Alain Prost che scherzano davanti ai giornalisti dandosi dei buffetti, come se Suzuka '89 fosse stata solo una gara di F1 e non un dramma in mondovisione. Poi ecco arrivare Mika Hakkinen che parlotta con James Hunt, con il suo immancabile sigaro in bocca, mentre più in là c'è Niki Lauda impegnato in una discussione con Peter Revson.

Magari. E invece è andata che Bruce di tutti questi successi si è perso tutto, e Ayrton Senna non c'è più da tanti anni. Per non parlare di Hulme e tutti gli altri piloti McLaren che non sono più qui su questa Terra. Però, pensate che se fossero in vita ci sarebbe stato tutto il resto? Pensate che Bruce McLaren avrebbe consentito a cedere il proprio team a un imprenditore inglese sconosciuto? Di sicuro senza di lui la Marlboro non sarebbe mai rimasta. Niente Marlboro, niente Barnard e niente Lauda. Niente Lauda, niente Prost. E niente Senna che sarebbe finito chissà dove. Niente Suzuka '89, niente vendetta l'anno dopo, niente giro epico sotto la pioggia a Donington. E forse la McLaren sarebbe già sparita prima, molto prima dell'arrivo di Hakkinen con l'elegante livrea West sulla tuta. Quindi neanche Paragon.

Invece il Paragon c'è e alle spalle dei pochi rimasti, ci sono loro. Le macchine, i trofei. Una galleria di trofei. Tutti lì insieme, perché così vuole la filosofia McLaren. E allora capisci che la storia, tutto sommato non è andata poi così male. E che il bello della McLaren, a differenza di tante altre squadre, non è stata quella di appartenere a qualcuno, come la Ferrari di Enzo, la Williams di Frank, la Lotus di Chapman o la Tyrrell di Ken.

La McLaren è ed è stata la squadra di nessuno e di tutti. Dei migliori. Lo dicono i trofei, gli "achievements" quelli che secondo Bruce servono a misurare la vita di tutti noi.

Questa me la stampo.
Se mi dai il permesso la traduco e la mandiamo.

:-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl :-appl

Quasi finita di tradurre.  :-)

:-supp :-supp :-supp :-supp :-supp :-supp :-supp :-supp :-supp :-supp :-supp
W la McLaren!!!
W il Re!
W Ron Dennis!                                                            QUELLO CHE NON TI AMMAZZA, TI RENDE PIU' FORTE


Grande Giorgio! Un post da applausi a scena aperta!!! Hai racchiuso benissimo quello che rappresenta la McLaren!!

Complimenti a Giorgio, sai rendere in maniera eccellente le emozioni con la penna e questa è davvero una grande dote. Bravissimo (pelle d'oca) :-appl

#12
Ecco l'intervista completa a JB (fantastica):

Jenson Button
"Prost mi ispirava, la McLaren rinascerà"


Il 2 settembre 1963 il neozelandese Bruce McLaren fondava un team destinato a vincere 12 mondiali con assi come Hunt, Lauda, Senna. Ma ora è crisi. Da Fittipaldi a Button lo strano anniversario del sogno McLaren. Il pilota McLaren insieme a Perez, campione del mondo 2009 con la BrawnGp, è il pilota in attività con più presenze in F1

Cinquant'anni e non sentirli. O meglio sentire il dolce peso dei trionfi, 182 gran premi vinti, un numero impressionante, lo stesso raggiunto in questo mezzo secolo dalla Ferrari, un'incredibile parità che simboleggia la grande rivalità fra i due team, una battaglia che ha marchiato a fuoco la storia della Formula 1. Quando il 2 settembre di cinquant'anni fa, anno di grazia 1963, il neozelandese Bruce McLaren coronò il suo sogno di fondare una scuderia tutta sua, probabilmente nemmeno lui immaginava che la sua pazza idea potesse trasformarsi in simile grandezza, 12 titoli piloti, e con quali fenomeni al volante, Emerson Fittipaldi, James Hunt, Niki Lauda, Alain Prost, Ayrton Senna, Mika Hakkinen e Lewis Hamilton, solo per citare quelli che hanno raggiunto la cima del mondo, e 8 costruttori.

Un'infinità di successi, perché 182 vittorie su 733 gp è come dire una gara portata a casa su quattro, e 390 volte sul podio significa bere champagne più di una volta ogni due corse. Ma soprattutto un periodo d'oro che non ha eguali nella storia di questo sport, i favolosi (per la McLaren, non certo per gli avversari) anni '80, sette Mondiali in otto stagioni, dal 1984 al 1991, macchine mitiche, piloti leggendari buttati nell'arena senza alcun ordine di scuderia, perché Dennis, diventato capo del team nel 1981 (ci resterà sino al gennaio del 2009), voleva così, il gradino più alto del podio come unico obiettivo, a costo di farsi male da soli, di sbattersi fuori come capitò clamorosamente in epiloghi infuocati a quei demoni di Prost e Senna.

Una vettura imprendibile, capace nell'88 di vincere 15 gare su 16, Senna campione, Prost secondo (si odiavano e alla fine con la McLaren riuscirono a portare a casa tre titoli iridati per uno), definitiva sublimazione di quella prima monoposto che nel 1966 aveva debuttato a Montecarlo e due anni dopo a Spa aveva vinto la prima corsa. E più che degna erede di quella macchina guidata da Fittipaldi che nel 1974 issò per la prima volta la bandiera del team sul trono della Formula 1, mondiale vinto a cui fecero seguito altri successi storici come quello di Hunt nel 1976 (il film "Rush" lo ha fatto rivivere con l'acceso duello con il ferrarista Lauda).

La cinquantenne McLaren è leggenda, unica scuderia, a parte la Mercedes, ad aver vinto almeno una volta la 24 Ore di Le Mans, la 500 Miglia di Indianapolis e in F1. Oggi i numeri direbbero che è un po' in crisi, non vince il Mondiale costruttori dal 1998 (nel 2007 lo perse per la spy story), quello piloti dal 2008 con Hamilton. L'attuale stagione è una delle peggiori di sempre e domenica a Monza (dove ha già vinto 10 volte) ben difficilmente potrà pensare in grande. Il suo condottiero di punta è Jenson Button, 33 anni, vicino ad un rinnovo triennale del contratto in scadenza a fine stagione.

Button, cosa prova al volante di una McLaren?
"Sento il fascino di una squadra che mi ha stregato sin da bambino".

Lei è inglese ed è nato nel 1980.
"Sono cresciuto nel mito di quella macchina "intoccabile".

Nessuno riusciva a starle dietro.
Il mio idolo era Prost, un modello, per la sua intelligenza, la sua guida precisa, la sua capacità di sbagliare pochissimo. Certo tutti i piloti che mi hanno preceduto in McLaren sono stati fenomeni, Senna, Lauda, Fittipaldi, ma il francese aveva qualcosa in più".

Cosa ha provato quando è stato ingaggiato dalla McLaren?
"Coronavo un sogno. Mi hanno raccontato che Dennis faceva posteggiare tutte le macchine in fabbrica per motivare i piloti nuovi. Beh, ammetto che con me c'è riuscito. La prima volta che sono entrato a Woking, non sapevo da che parte girarmi. Mi dicevano, la vedi quella, è la vettura di Fittipaldi. E quella? È la macchina di Lauda. Incredibile. Un museo della Formula 1, tutte figlie di un unico marchio".

Non ha ancora citato Hakkinen.
"Siamo molto amici. L'ho conosciuto ad un evento promozionale e da quella volta i nostri rapporti sono stretti. Mi ha dato un sacco di consigli. Un pilota incredibile, sempre rilassato, eppure feroce. Aggressivo e lucido, mi sarebbe piaciuto lavorare con lui. Un suo sorpasso a Spa alla Ferrari di Schumacher è degno di una sigla televisiva. Indimenticabile".

Cosa si prova ad essere sulla McLaren sbagliata?
"Non è così, non è giusto pensarlo. Questa è un'annata storta, ma sappiamo imparare dai nostri errori, in vista del 2014 stiamo già rimediando, e non dimentico in che squadra sono. La McLaren è talmente abile e reattiva che in 12 mesi può passare dall'anonimato al trionfo".

In che senso?
"Nel senso che forse quest'anno non festeggeremo al meglio i cinquant'anni. Ma nel 2014, considerando anche la rivoluzione regolamentare, ci presenteremo al via con l'obiettivo di vincere il Mondiale".

Se le dicessero di passare alla Ferrari?
"Dovrei rispondere, mai dire mai, come fanno tutti i piloti. Non mi piace prevedere il futuro, la Ferrari è mitica, ma io onestamente nel mito ci sono già. Perché dovrei cambiare?".


Ora che va via Webber, dopo Raikkonen lei diventa il più vecchio in pista. Preoccupato?
"No, perché l'importante non è l'età, ma non perdere velocità, riflessi e tempo di reazione alla partenza. Facciamo dei test continui e chi mi segue dice che rispetto ai primi anni sono addirittura migliorato, senza dimenticare che ho più esperienza e intelligenza tattica. Quanto agli stimoli, basta porsi sempre nuovi obiettivi. Intanto, maledizione, ne ho uno che sembra diventato un sortilegio. Da mesi sono a 49 podi, questo cinquantesimo non arriva mai. E poi, anche se ho già vinto un Mondiale, non mi dispiacerebbe fare il bis prima di chiudere".

Quindi è vero che andrà avanti ancora tre anni?
"Fino a quando mi sentirò competitivo. Non parlo di passione. Perché l'amore per le corse non sparirà mai".


di Stefano Zaino
Fonte: repubblica.it

Citazione di: Mika84 il 02 Settembre 2013, 21:28:10
Riflessione personale.


Immaginatevi per un momento che oggi laggiù ci fossero stati davvero tutti. Ron Dennis e Martin Whitmarsh vestiti tutti elegantissimi, davanti all'ingresso del Paragon mentre accolgono all'interno Bruce McLaren, un arzillo vecchietto di 76 anni con i capelli bianchi e i denti ingialliti che spinge la carrozzina su cui siede un irriconoscibile Denny Hulme, ultranovantenne, gonfio e affetto da una lieve demenza senile. Poi eccoli arrivare Emerson Fittpaldi e John Watson seguiti da Ayrton Senna e Alain Prost che scherzano davanti ai giornalisti dandosi dei buffetti, come se Suzuka '89 fosse stata solo una gara di F1 e non un dramma in mondovisione. Poi ecco arrivare Mika Hakkinen che parlotta con James Hunt, con il suo immancabile sigaro in bocca, mentre più in là c'è Niki Lauda impegnato in una discussione con Peter Revson.

Magari. E invece è andata che Bruce di tutti questi successi si è perso tutto, e Ayrton Senna non c'è più da tanti anni. Per non parlare di Hulme e tutti gli altri piloti McLaren che non sono più qui su questa Terra. Però, pensate che se fossero in vita ci sarebbe stato tutto il resto? Pensate che Bruce McLaren avrebbe consentito a cedere il proprio team a un imprenditore inglese sconosciuto? Di sicuro senza di lui la Marlboro non sarebbe mai rimasta. Niente Marlboro, niente Barnard e niente Lauda. Niente Lauda, niente Prost. E niente Senna che sarebbe finito chissà dove. Niente Suzuka '89, niente vendetta l'anno dopo, niente giro epico sotto la pioggia a Donington. E forse la McLaren sarebbe già sparita prima, molto prima dell'arrivo di Hakkinen con l'elegante livrea West sulla tuta. Quindi neanche Paragon.

Invece il Paragon c'è e alle spalle dei pochi rimasti, ci sono loro. Le macchine, i trofei. Una galleria di trofei. Tutti lì insieme, perché così vuole la filosofia McLaren. E allora capisci che la storia, tutto sommato non è andata poi così male. E che il bello della McLaren, a differenza di tante altre squadre, non è stata quella di appartenere a qualcuno, come la Ferrari di Enzo, la Williams di Frank, la Lotus di Chapman o la Tyrrell di Ken.

La McLaren è ed è stata la squadra di nessuno e di tutti. Dei migliori. Lo dicono i trofei, gli "achievements" quelli che secondo Bruce servono a misurare la vita di tutti noi.

mai letto post più bello
Forza Mclaren