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Una domanda si affaccia spontanea: ma esiste per i piloti caduti, come per i soldati, un Milite ignoto, uno in grado con il suo esempio di raffigurarli tutti? S?, esiste. Il suo nome ? David Purley. Inglese, nato nel West Sussex il 26 gennaio 1945, si arruola a vent'anni nei paracadutisti dell'esercito reale, il corpo d'elite dei pi? coraggiosi al mondo. Sentiamolo: "All'assalto alla baionetta gli istruttori ci dicevano di urlare per calmare la paura. Ci provai. Funzion?." Durante un lancio il suo paracadute ha un problema, ma David, nessuno sa come, si salva.
E' il 1968 e Purley, la cui famiglia ? proprietaria di un'industra di frigoriferi, la Lec, lascia l'esercito e si d? alle corse. Nel '70 passa alle monoposto, in F.3. Pi? i tracciati sono pericolosi, pi? lui ? bravo. A Chimay, in Belgio, sul terribile stradale batte Hunt, coglie altre due vittorie consecutive e nel '72 passa alla F2.
Niente paura: "Ero al limite, su rettilinei infiniti. Ma da buon par?, quando il cuore mi schizzava in gola, urlavo. Funzionava" Nel '73 David approda in F.1. A Zandvoort, la tragedia. Si ribalta la March di Williamson e prende fuoco. I commissari non si avvicinano, i piloti continuano la gara, impassibili.
David si ferma, si getta tra le fiamme, rischia la pelle, prova a raddrizzare la monoposto, non ce la fa e in mondovisione piange, si dispera, inveisce contro i codardi in pista e fuori. Williamson muore e Purley viene acclamato come un eroe pure dalla regina Elisabetta. E elabora la sua teoria: " Sei l?, la sera, d'inverno, e ti chiedi perch? esisti. Io rispondo da pilota e non da filosofo. Guardo le mie mani e dico: ? vero, ho rischiato, ho sfiorato la morte e ce l'ho fatta." Nel 1977 Purley realizza la sua F.1, la Lec.
Al Gp del Belgio, nell'uragano, tutti vanno ai box per cambiare le gomme, lui no. A un certo punto ? terzo. Ai box nessuno ci crede, ma ? vero. Poi viene riassorbito, ma resiste alla Ferrari di Lauda e gli rovina la corsa. Niki nel dopo gara lo stoppa insultandolo. Purley resta freddo: " Hai faticato a passarmi, non sei degno di stare nel mio libro dei campioni." Niki risponde sprezzante: "Coniglio!"
La gara dopo sulla sua Lec mette l'adesivo di un coniglio. Silverstone, luglio '77: Gilles Villeneuve debutta in f.1 e David Purley in prequalifica esce di strada e riporta 29 fratture a gambe, bacino e costato, 3 slogature e accusa 6 arresti cardiaci. Finisce nel Guinness dei primati: prima di lui nessun essere umano ? sopravvissuto a una decelerazione da 173km/h a zero in 660 millimetri, pari ad una sollecitazione di 179.8 forza G. Spaventoso. Ma David non molla:" Torner?. Non bisogna arrendersi mai."
Ci riesce, nel 1979. Poi si d? agli aerei e durante un'esibizione di volo acrobatico trova la morte il 2 luglio 1985, in un incidente inspiegabile. Eccolo, il milite ignoto delle corse. Davanti a lui, gi? il casco, top driver di oggi, abili slalomisti del rischio e del fisco. E cercate di essere degni, se potete, di ci? che ? stato David Purley. Un grande.

http://www.youtube.com/watch?v=K8HaQSGgibU

"Ho imparato molto da Alonso. Ho imparato come non deve comportarsi un pilota con la sua squadra" Lewis Hamilton


Citazione di: forzafreccia il 22 Gennaio 2008, 12:35:08
Niki nel dopo gara lo stoppa insultandolo. Purley resta freddo: " Hai faticato a passarmi, non sei degno di stare nel mio libro dei campioni." Niki risponde sprezzante: "Coniglio!"

Elio11, ma ti immagini cosa direbbe Nikaccio??  :-ahah :-ahah :-ahah :-ahah :-ahah :-ahah
"I went completely on the inside and overtook the backmarker and at same time overtook the Michael. It was a great overtaking manoeuvre, and I loved it. I'm not sure if the Michael did." M.H.

"Credevo che ogni addio fosse una fine. Oggi lo so: anche crescere è un addio. Anche crescere significa abbandonare. E la fine non esiste."

Un grande... Purtroppo piloti come lui vengono dimenticati troppo velocemente...

Citazione di: giorgio_deglianto il 22 Gennaio 2008, 12:43:01
Citazione di: forzafreccia il 22 Gennaio 2008, 12:35:08
Niki nel dopo gara lo stoppa insultandolo. Purley resta freddo: " Hai faticato a passarmi, non sei degno di stare nel mio libro dei campioni." Niki risponde sprezzante: "Coniglio!"

Elio11, ma ti immagini cosa direbbe Nikaccio??  :-ahah :-ahah :-ahah :-ahah :-ahah :-ahah
io me lo immagino si...... :-ahah

joestrummer66
Visto che c'è già il topic ne approfitto e posto qui.
Si tratta di un bel articolo di Autosprint sul mito David Purley....

Toglietevi dalla testa che nelle corse si diventi leggende solo vincendo. Ve lo dice e vuole dimostrarlo la televisione okay, ma la sporca verità è che la faccenda sta in tutt'altri termini. Per bucare romanticamente la storia non conta tanto, anzi, non conta niente quanto ottieni, ma come. Prendete David Purley, sette Gran Premi negli Anni 70, 4 volte non qualificato, zero punti. Un mito. A 23 anni dalla scomparsa, è oggetto di culto, pilota feticcio, simbolo di coraggio, altruismo, legato da un rapporto di amore-odio con la F1, scoperto e riscoperto perfino da morto anche come pensatore coerente, battutista e filosofo del rischio. Per le corse culturalmente importante quanto Marcuse per il '68, Evola per la destra eversiva o Mike Bongiorno per le Pelliccerie Annabella.
No, questa non è la storia di una carriera ma il viaggio dentro un modo di vivere, pensare e morire che in David Purley perfettamente coincidono. Una caccia al tesoro dentro frasi e riflessioni dimenticate che somigliano a tesori perduti, incagliati negli abissi del tempo, e strabiliano oggi per la loro raggelante e rivoluzionaria attualità. David nasce nel 1945 a Bognor Regis, West Sussex, nella culla giusta, figlio di papa CRP Purley, magnate degli elettrodomestici LEC. Ama ed è riamato dalla famiglia, è alieno da crisi esistenziali, ribelli o pauperistiche, non è né San Francesco né Steve McQueen, ma ama il rischio, il brivido border line, adora cercare il segreto della vita sfrecciandone ai confini, non importa a quale prezzo.
A 17 anni è il più giovane del Regno Unito ad avere il brevetto di volo e parte con un Comanche 250 monomotore alla volta della Nigeria, Arrivato alla west coast punta sulla Sierra Leone scegliendo una rotta che attraversa centinaia di km di paludi, da percorrere a volo radente: «Perché sognavo di vedere all'alba i coccodrilli mangiare, tra te paludi sconfinate dell'Africa Nera». Il sole nasce, i coccodrilli fan colazione e il motore di Purley comincia a rattare. «Lancio il mayday a Freetown, ma nessuno risponde e continuo a perdere quota. So che sto per morire e inserisco lo switch agli impianti di sicurezza. Gli sto facendo la barba, ai coccodrilli, ma chissà perché ricomincio a guadagnare quota. Salvo. Atterro a Freetown. Non c'è nessuno, mi aggiro per l'aeroportino deserto e alla fine trovo l'addetto e gli dico, "Ma dove cavolo eri quando t'ho cercato?". "Stavo facendomi del té. signore. Senta com'è buono..." - fu la risposta. La vita è questa...».
A 20 anni Purley fa parte degli assaltatori del Royal Anglian Regiment impegnati nello Yemen del Sud, dove combatte alla baionetta contro ribelli armati di Kalashnikhov, mitragliatrici e granate.
ASSALTO ALLA BAIONETTA
«Fatto quello, non c'è più molto che può spaventarti, nella vita. Una volta all'assalto, gli ufficiali ci consigliavano di urlare per far tacere la paura, trasformando la tensione in violenza». No, c'è dell'altro: «Ma io volevo qualcosa di più. Passai ai paracadutisti. Mi piacevano i lanci corti da azioni commando, di notte, da soli 250 metri d'altezza. Buio, una porta si apre, fuori c'è il vento e il nulla. E tu vai! Alla Long Valley di Aldershot siamo impegnati per il primo lancio da un Hercules C130. E notte, ovvio. Poco prima ci hanno raccomandato di buttarci senza spinta, perché il C130 ha una protezione fuori porta che copre le turbolenze: se esci troppo forte, chissà dove finisci. Ma siamo con l'adrenalina fino alle orecchie e ci scordiamo. Luce rossa e tutti fuori come tappi di champagne! Mi schianto contro uno dei miei compagni, gli provoco fratture, il mio paracadute si apre solo in parte, quello d'emergenza per niente e atterro frantumandomi un piede. Sei mesi d'ospedale e fine della storia. Mi restano le corse in auto». È il suo 1968 e anche il nostro. Due anni dopo Purley schizza in F.3 e scopre Chimay, il terribile e velocissimo circuito cittadino belga, dove in due edizioni non ha rivali, ridicolizzando, tra gli altri, il futuro iridato James Hunt: «Non c'è niente da fare, le piste pericolose danno alle corse un extra meraviglioso. È come in guerra. Ci sono limiti oltre i quali sei morto. Non devi sbagliare mai, se lo fai paghi. Mi sembra onesto, no? Le corse dovrebbero essere sempre e solo questo. Chi è preoccupato per la propria sicurezza deve andare a pescare, non a correre. Rettilinei infiniti, curvoni strapppacuore, muretti ai lati e paddock in un campo di vacche aperto a tutti, come a Chimay: questa è o dovrebbe essere la vita di un pilota. Il resto, quello che sta facendo la F1 è politica e commercialismo allo stato puro. Puah!». C'è un aneddoto ancor più secco e memorabile in proposito per sintetizzare il Purley-pensiero. Una volta in una gara a Silverstone, Jackie Stewart gli chiede ragguagli su un punto di frenata e David gli risponde impassibile: «Scusa, cosa intendi esattamente per "frenare"?». La replica entra nella leggenda delle corse. Come però nessuno scorderà mai la maledetta domenica di Zandvoort 73, quando Williamson resta intrappolato nel rogo della sua March ribaltata e nessun commissario interviene e tanto meno i piloti si fermano a prestar soccorso.
DOMENICA MALEDETTA
Tutti meno Purley, che lotta, si dispera, prova a rovesciare con le mani il relitto in fiamme e infine, impotente, piange in mondovisione. E l'Autosprint del grande Marcello Sabbatini lo premia a fine stagione come si conviene ai grandi. Ma il suo gesto non è entrato in contraddizione con la sua filosofia da duro e puro? I giornalisti britannici lo prendono d'assalto chiedendo ragguagli: adesso, per caso, hai cambiato idea, cosa pensi del pericolo? «No, la penso come prima - risponde sorridendo -, le corse devono essere pericolose e basta. Vado sempre più veloce in gara che in prova, perché al via raggiungo il massimo della tensione, mentre in qualifica no, A Rouen come nello Yemen urlavo nel casco per prendere coraggio... lo amo il vecchio Nurburgrìng, Macao, Chimay e Rouen, ma attenzione, a Zandvoort 73 è successo qualcosa di diverso. L'incidente brutto ci sta, ma dopo uno si aspetta che possa e debba essere fatto tutto il possibile per luì. Là non è stato così. Tutto qui. E giù la ba*la che Williamson era mio amico: non è affatto vero, lo conoscevo appena. Non sono un eroe, ho solo fatto il mio dovere. Come quando nello Yemen tiravamo fuori dei compagni da carri armati in fiamme. Chi ha fatto la guerra queste cose le sa, agire non è poesia o altruismo, ma solo un riflesso condizionato. Eppoi non è il lavoro di un pilota scendere e provare a salvare un collega. Quando vai a 270 km/h e ti fermi di botto, la tua testa continua ad andare alla stessa velocità e il mondo ti sembra spaventosamente lento, come alla moviola. Capita pure nelle fermate ai box, è una sensazione stranissima. La verità è che mentre corriamo non viviamo nel vostro stesso mondo». E poi Purley rincara la dose: «Adesso mi trattano tutti come un esperto di sicurezza, pensa te. Anzi, resto attratto solo da cose pericolose. E sapete cosa penso per il futuro? Credo fermamente che se permetteremo alla F1 e alle corse in genere di diventare sicure come gare di modellini, la gente si stuferà e comincerà a lamentarsi dalla noia. Cristo, siamo pagati per correre. Pagati, capito? Vedrai, presto vedremo solo gare per macchinine quasi telecomandate, così nessuno si farà male. No, io non penso che nessuno di noi sia autolesionista né che il pubblico voglia vedere un pilota conciarsi male, ma rimuovete completamente la possibilità che questo accada e il pugno allo stomaco che le corse danno non esisterà più. Non sarà più uno sport estremo, il nostro».
PILOTA-COSTRUTTORE IN F1
Colpo di scena: a inizio 1977 Purley, che l'anno prima è divenuto campione Shellsport F.5000 e ha appena abbandonato il sogno di battere a Bonneville il record di velocità terrestre, torna in F.1 con una monoposto autocostruita, la LEC CRP1. progettata da Mike Pilbeam e con maestranze che in gran parte provengono da quelli dell'azienda di frigoriferi paterna, pagate con gli straordinari domenicali e agli ordini di Mike Earle, futuro artefice della Onyx. Certo, Ecclestone non stravede per uno che vive e ragiona come David, ma l'iscrizione viene accettata e la LEC non va neanche malissimo, in un'epoca in cui è già una prodezza qualificarsi, In Belgio, a Zolder, la nemesi. Si parte sotto la pioggia battente tra toccate, scodate e colonne d'acqua nebulizzata. Pit-stop a go-go, contagiri in tilt, piloti quasi smarriti. Sì, sembra una guerra. A un certo punto dagli altoparlanti lo speaker prende fiato e pronuncia una frase che nessuno di chi è in ascolto mai più dimenticherà: «Attenzione, attenzione! - e giù una pausa sapiente - la LEC di David Purley ha preso il comando». Dura neanche un giro il sogno folle dell'ex para. Lauda, in rimonta, lo pressa, puntandolo da tutte le parti, e alla fine lo passa. A fine gara Niki aggredisce David, accusandolo di averlo ostacolato: «No, se eri più forte di me dovevi passare subito. Uno che ragiona come te, non è degno distare nel mio libro dei campioni! - replica l'inglese. Lauda taglia corto: «Zitto, coniglio!». Purley sorride e se ne va. La gara successiva a lato del suo abitacolo spunta l'adesivo di un simpatico coniglietto bianco. Il re della F.1 preso in giro dal servo della gleba. Ma per David è l'ultima risata iridata. Nelle pre-qualifiche del Gp di Silverstone, davanti a un giovane e atterrito Beppe Gabbiani in veste di spettatore, la LEC esce di strada e si polverizza contro le barriere. Per Purley sono 29 le fratture a gambe, bacino e costato, tre le slogature, sei gli arresti cardiaci. È nel Guinness dei primati: nessun essere vivente era mai sopravvissuto ad una decelerazione da 173 kmh a zero in 660 millimetri, pari a una sollecitazione di 179.8 forza G. Dall'ospedale David macina teorie: «Sei lì la sera, d'inverno, e ti chiedi perché esisti. Rispondo da pilota, non da filosofo. Guardo le mie mani e dico: ho rischiato, sempre, ho sfiorato la morte ma se ora vivo, lo so, il perché. Perché a modo mio sono stato bravo, ho puntato tutto su di me ce l'ho fatta». Poco più di due anni dopo Purley scrive un'altra pagina da antologia struggente, ricostruisce una LEC nuova di zecca, telaio 002, e si schiera ad una gara Aurora - la F.1 di serie B, a Brands Hatch: «Torno per dimostrare qualcosa a me stesso. No, non saranno le corse a buttarmi giù».
Quella frase, letta sei anni dopo, diventa una profezia agghiacciante, Purley muore durante un'esibizione di volo acrobatico, senza ragione apparente, schiantandosi il 2 luglio 1985 presso la natìa Bognor Regis.

Una volta ci fù chi scrisse: ho pianto quando ho visto morire tanti ragazzi, ma molto di più quando la vita ha ucciso il bambino che viveva in me. Quel bambino da amare, ancora vispo affascinante e vivissimo, ora è tutto ciò che resta di David Purley.

Grande David, per me sarai sempre il n.1.

mamma mia.. brividi! quest'uomo era veramente INFINITO.. grazie ragazzi, grazie mille Joe, non conoscevo queste cose, Purley entra direttamente nella mia top 10 dei miti!!

:-supp